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My lonesome cowboy, 1998, fibra di vetro, acrilico e acciaio, 288 x 117 x 90 cm - Takashi Murakami

Giornale dei Parchi J-22

Suprema e meravigliosa arroganza: vivere per avere un'erezione e godersi il mondo

Il mio cowboy solitario

Avendo troppo poco tempo e troppo poco spessore per lanciarmi oggi in un articolo lungo e dettagliato - di cui sento la mancanza; perché tutto può davvero diventare una droga! - mi accontenterò di un piccolo omaggio a due personaggi le cui sagome hanno segnato una svolta nella mia vita artistica e affettiva, allo stesso modo in cui si piega irrimediabilmente l'angolo di una pagina di libro per non dimenticare una frase che contiene. La scoperta dell'identità del loro autore e padre è stata, ovviamente, altrettanto importante, ma come spesso accade, a prima vista sono stato colpito più dall'opera che dalla persona che l'ha fatta nascere, che è sempre più complessa da cogliere. Quest'opera, ormai famosa (gli stessi pezzi di cui sto per parlare hanno suscitato poco tempo fa uno scandalo tra i nostri amici amanti del Castello di Versailles, dove sono stati esposti nel 2010), si è incarnata ai miei occhi attraverso Il mio cowboy solitario e Hiropondue "figure giganti" create da Takashi Murakami.

Il mio cowboy solitario e Hiropon | Takashi Murakami
My lonesome cowboy e Hiropon | 1997-98 | Olio e acrilico su fibra di vetro | Takashi Murakami

La prima di queste famose sculture che mi cadde sotto gli occhi, quando entrai nella sala del Beaubourg, senza sospettare quello che mi sarebbe successo, non so, forse 15 anni fa, rappresentava in modo sconcertante per il giovane che ero, il ragazzo che avrei voluto essere; prorompente di vitalità, l'incarnazione di una gioventù ardente, irrigata dal desiderio e dal gusto della libertà. Forse non era troppo tardi per pensare al trasferimento?

Questa libertà, per ciò che richiedeva in termini di speranza nell'umano che è in me, mi ha quasi strangolato, tanto la sua immagine mi ha preso alla gola attraverso questo personaggio. È stato come un vero e proprio incontro; come se questo bambino, con la coda eretta, orgoglioso della sua giovanile e sublime oscenità, si rivolgesse a me per dirmi: "Perché mi guardi così? Spostati! Sei ancora lì? Che ne fai della tua vita, del tuo corpo, del tuo desiderio? Terminava la sua arringa con un grande scoppio di risa che terminava con un sorriso malizioso che ancora gli congela la bocca. Io, gracile come un Cocteau, mi ero trovato faccia a faccia con il mio allievo giapponese Dargelos, in resina! L'onda d'urto non si fermò lì. Proprio accanto a lui, a pochi metri di distanza, la sua controparte femminile, una vera e propria polena di una nave a pezzi di cui lui sarebbe stato l'albero maestro, mi stava aspettando, con i capezzoli di fuori. Erano entrambi lì, come divinità fantasticamente pagane, ad aspettare il mio arrivo dall'alba dei tempi; irradiavano un'esultanza adolescenziale, nel più puro stile manga sgargiante. Gli atteggiamenti e le posture che lui e loro mostravano meritano di essere descritti con la precisione con cui sono stati sigillati in me, con la potenza di una Excalibur che perfora la dura roccia, momentaneamente intenerita dalla virulenza della penetrazione. Queste immagini e sensazioni mi accompagnano ancora familiarmente, come un balsamo che lenisce i lividi che a volte mi vengono inflitti dall'attrito della mia vita contrita e gretta, quando si scontra con il mio desiderio di sbocciare.

Lei, con i suoi capelli blu urlanti, il piede sollevato all'indietro, le sue due immense sfere mammarie proiettate in avanti, i capezzoli eretti, da cui scaturiscono, congelati in un tempo sospeso, due magnifiche torsioni di latte immacolato che si avvolgono ad anello intorno al suo busto.

Lui, con i suoi folti capelli biondi, il suo sguardo conquistatore, il suo sorriso franco ed esaltato che anima un viso roseo dai contorni semplici e chiari di un piccolo principe che sarebbe stato spogliato, indica insolentemente con una mano il suo cazzo teso verso un futuro radioso.

La sporgenza del glande discretamente tinta di viola, appena segnata, in uno stile molto giapponese, provocante e pudico al tempo stesso, si aggiunge a questa particolare emozione suscitata da un trattamento irrealistico e forte, tipico dei manga che sanno mescolare crudezza e stilizzazione dei dettagli. Come il latte della ragazza, un prodigioso getto di sperma disegna straordinari arabeschi bianchi sopra la testa del giovane.

Entrambi realizzati con la stessa resina, troppo perfettamente liscia per non rivelare un'oscena e inquietante infanzia della carne, mi dominavano con le loro dimensioni come le potenti forze del desiderio che incarnavano in modo sublime, e mi sembravano più giganteschi di quanto non fossero in realtà.

Contemplandoli, sbalordito, mi sono venute le lacrime agli occhi, tanto era tangibile la fiera e semplice felicità dell'opera, gloriosamente espulsa dal giocoso zampillo di energia sessuale, che mi rifletteva crudelmente lo specchio della mia misera condizione. Parlo in particolare del ragazzo perché per quanto riguarda la ragazza, una volta placata la prima emozione, mi sono un po' rammaricata che l'artista abbia in qualche modo perso la strada inventando un'equivalenza tra l'aumento del latte, che è certamente spettacolare ma la cui idea rimane associata alla maternità, e il godimento femminile. Avrei preferito che le due adolescenti fossero l'una l'esatta controparte dell'altra e che l'eiaculazione ciprinicola turbinasse in una spirale gioiosa e infernale, proiettata verso i nostri volti stupiti. Ma era già bello così e misi da parte la mia preoccupazione per l'estasi paritaria, concentrando la mia attenzione sul piccoletto. Cosa c'è di più bello di quell'erezione marziale, imperturbabile e ferocemente determinata, sostenuta immancabilmente da quegli occhi provocanti, spalancati sulla moltitudine? Come non sognare la vita che lì era implicitamente proposta, davvero, come un modello che si poteva immaginare attraverso le sue rappresentazioni modellate in 3D? La cosa era per così dire palpabile; come il David di Michelangelo o il bacio di Rodin, le icone erano in volume, erano lì per noi da afferrare; bastava camminarci intorno per conformare la nostra ambizione di esistere.

Da solo, con o contro tutti, l'avevo già deciso più febbrilmente quando ho realizzato il mio video del 1992, ma questo shock estetico ha rafforzato la mia determinazione: ora era certo; d'ora in poi, avrei sempre proiettato il mio essere sotto il vero fuoco di questa luce. Fu, dopo diverse rivelazioni abortite di fronte a molti altri capolavori e nonostante una miriade di altri che si realizzarono in seguito, finalmente l'unica e sola volta nella mia vita in cui mi sentii invaso da un sentimento religioso in presenza di incarnazioni che nascevano dalla materia inerte.

Da quel momento in poi tutto sembrò chiaro. Le opere erano come gli artisti che le producevano e gli individui che le ammiravano: ognuno, al proprio livello, lottava, a volte arrancava e spesso si arrendeva, per tradurre la vitalità sessuale che lo animava e che poteva mantenerlo nel flusso della vita entro cui era nato. Da quel giorno, era necessario capirlo senza indugio e prendere il via della corsa per fondersi nella schiera dei concorrenti ricchi di vitamine. L'urgenza, con il passare degli anni, sarebbe stata quella di trovare le ali per catturare le folate di ossigeno che fluttuavano sopra la massa dei molti. I più abili avrebbero capito come trasmutare immediatamente le loro fantasie in oro per raggiungere questo obiettivo. Gli altri, mediocri alchimisti di cui facevo ancora parte, sarebbero sempre stati dei vagabondi che cercavano vanamente di dare un senso non alla loro esistenza, ma alla comunicazione tra gli uomini rimasti a terra. Queste deviazioni erano costose in termini di rifornimento aereo. Fu un errore, ora lo so; si scopre che fu un errore perché, bello scherzo: non c'è comunicazione e il mondo comune sussurrava e mormorava allo stesso tempo, senza preoccuparsi di distinguere il significato delle parole che mi risuonavano nelle orecchie. Ho capito, un po' tardi, ma abbastanza presto per uscirne senza sprofondare del tutto, che l'urgenza mi consigliava di fuggire dal mediocre compiacimento in cui i miei coetanei sembravano sguazzare senza battere ciglio. Scoprii che, come la natura, l'universo delle civiltà umane era un rizoma proliferante che non aveva altro scopo che quello di nutrire la propria razza. Io, mostro di Frankenstein di passaggio, mi chiedevo da dove venissero i brandelli di cadaveri di cui mi sentivo il burattino rozzamente cucito. Se non facevo attenzione, il mio passo pesante mi avrebbe trascinato all'indietro in un vuoto senza domani. Come facevano gli altri a credere di esistere?

Per caso, mi è apparsa l'Indecenza.

Come una pozione magica, come un'ostia, mi permette, ogni volta, solo per qualche ora, di gonfiare le mie vene e i miei muscoli, di rinvigorire la mia anima, così stanca delle assurdità umane. In un momento in cui ho sviluppato un gusto per i supereroi e le eroine fantastiche, eternamente ispirate alla società americana; certamente tormentate, ma spesso con la sola speranza di tornare alla normalità, la mia inclinazione è più verso un'eucarestia carnale come quella che mi ispirano le fantastiche creature giapponesi.

"Succhia, questo è il mio cazzo! Bevi, questo è il mio sperma!

Direi, se avessi il coraggio di morire di piacere per riscattare i peccati delle mie sorelle e dei miei fratelli, il peggiore dei quali è certamente quello di andare contro il suo impulso ad essere, senza rimettere in discussione i dogmi di un mondo al quale spetta a tutti noi la costante cura di migliorarlo e ricostruirlo.

Le "Parche", le girandole della vita o altri spettacoli di un giorno sono lì per dare l'opportunità che accadano ipotetici piccoli miracoli. Cosa sapremo se non proviamo almeno a vivere l'avventura in prima persona?

Come dice un altro mio amico, non propriamente appartenente alla cultura dell'alba, ma che nei primi tempi ha trovato grande ispirazione per il suo aspetto: "Puoi essere un eroe... per un solo giorno".

David Noir

David Noir, performer, attore, autore, regista, cantante, artista visivo, video maker, sound designer, insegnante... porta la sua nudità polimorfa e la sua infanzia in costume sotto gli occhi e le orecchie di chiunque voglia vedere e sentire.

Questo articolo ha 6 commenti.

  1. Patrick Speck

    Io la chiamo una solitudine appagata e assunta....Che sguardo ....Ci sono esplosioni di vita negli occhi! Che sorriso ....illustra la gioia! Che postura..... mentre sta saldamente su quelle due gambe, rivolto verso il mondo! E quella mano destra ....che offre tutto questo con un indice quasi puntato....in risposta ai rigidi sproloqui del culo!?
    Grazie David per questo regalo....!

    1. David Noir

      Sono contento che piaccia anche a te 🙂 Grazie Murakami-san!

  2. VIP

    La mutazione ha funzionato perfettamente!

    L'immagine immediata che mi è venuta in mente quando ho scoperto My lonesome cowboy è stata quella del ragazzo che è apparso sul grande schermo al Generator nel 2011.
    Anch'io ricordo di aver trovato radiosa la forza e l'allegria sfrontata di questa scena.

  3. Patrick Speck

    Ah ho dimenticato di notare lo spruzzo di sperma che forma un'aureola sopra una testa "solare"...! ....Quando la vita diventa magica come un cartone animato, allora, è il segreto della felicità!!!?

  4. Rem Vac

    Come si può rimanere insensibili alla rappresentazione di un movimento naturale come la masturbazione?
    Per me è un inno alla libertà.
    Questo gesto arrogante e sfacciato non può non ricordarmi la mia condizione di uomo sessualmente intrappolato.
    Spero che coloro che partecipano ai Parques colgano l'opportunità che date loro e si esprimano liberamente.
    La sola vista di questo "Cowboy" mi ha tolto il fiato.
    Come sempre, David, sei riuscito a esprimere a parole ciò che vivo in segreto dentro di me.
    È difficile parlare così liberamente di fronte ai propri coetanei senza temere di essere giudicati duramente.
    Hai le palle, amico mio (che sono ottime, tra l'altro 😉 )

  5. David Noir

    Permettetemi di rispondere congiuntamente a voi tre, Vip, Patrick, Rem, che avete reagito allo stesso modo, comprendendo perfettamente ciò che io stesso ho provato di fronte a questo idolo di resina; forse l'incarnazione perfetta dell'adolescenza degli uomini e che essi non dovrebbero mai dimenticare per evitare di scivolare nei tristi e sentenziosi barbari che molti di loro stanno diventando. Hanno dunque cancellato la loro memoria?
    Scopro le tue parole, di ritorno da una giornata di riordino delle mie scorte di accessori in vista dei Parques e devo dire che sono stupita e felice che tu riconosca ciò che ho cercato di descrivere. Questo potrebbe essere visto come un'usurpazione perché naturalmente non sono responsabile del genio espresso qui da Takashi Murakami, ma tu me ne fai assaporare comunque il beneficio, tanto riesci a farmi sentire la reale condivisione di un'emozione. Davvero, grazie. Non avrei mai sospettato il potere esaltante di Internet, così capace di metterci in relazione attraverso il suo mezzo facendoci percepire la sensazione di un piacere comune. Sento le vostre parole, ancor più di quanto le legga, "felicità spudorata", "radiosa", "magica come un cartone animato", "inno alla libertà", ed è la forza che mi donate prima della gioiosa battaglia.
    Questa gioia è identica a quella che ho provato quando ho creato The Puritans con i miei amici di allora, uno spettacolo in cui abbiamo investito tutta la furia dei nostri desideri senza alcuna esitazione ed è stato così bello. Vi sarebbe piaciuto, ne sono certo. Né la stampa né il pubblico si sbagliavano e ricambiavano l'amore energico che infondevamo con una tremenda ondata di euforia. È così che lo spettacolo e la vita hanno senso per me. Grazie per aver contribuito a dare di nuovo a entrambi quella meravigliosa spinta per me.

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