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Conoscenza di sé: Incontrare il n. 1 | Il prigioniero | Patrick McGoohan | 1967

Giornale dei Parchi J-18

Conoscenza di sé o Come incontrare il n. 1

Paradossalmente, quando arrivo ai piedi della mia montagna, mi rendo conto che posso avere potere sulle cose. Devo solo alzarmi e arrampicarmi.

Frodo, amico mio, resisti, hai ancora qualche metro da percorrere prima di raggiungere la tua meta.

Ho intenzione di recuperare il tempo perduto. Il ritardo di una vita, ma non solo della mia, perché il cammino che inizio a percorrere da questo punto in poi è quello comune a tutte le vite in cerca di se stesse. Come nel sorprendente e straordinario epilogo dell'episodio finale di PrigionieroMi ritroverò, contro ogni previsione, a strappare la maschera al numero 1 durante il confronto finale, sbalordito.

Cos'altro ci sarebbe da scoprire, per ognuno di noi, dopo continui e duri scontri e numerose fughe per nascondersi, dopo aver scampato il peggio, se non i tratti smorfiosi dei propri volti, nell'eccitazione del bello scherzo che si è consumato negli anni? Non c'è altro che un Noi stessi non vede l'ora di arrivare in cima, abbastanza soddisfatto dello scherzo che ci ha fatto faticare tanto per arrivare a lui. Una caccia al tesoro molto ben condotta, va detto; una caccia all'uomo o al tesoro, ben congegnata, con tutta la suspense che ci si può aspettare. La battuta si rivela gustosa e succosa come un'arancia matura. Non c'è nient'altro all'orizzonte di una vita se non il proprio volto; un volto felice, febbricitante, esausto, devastato, emaciato, scavato nella sua carne dallo stillicidio di anni di conquiste. Torna al punto di partenza con in tasca niente di più di quanto avesse all'inizio, tranne una piccola fiala, un'ampolla di appena qualche millilitro, contenente in soluzione oltraggiosamente disciolta qualche grammo di autoconoscenza. Questo basta, secondo i buoni medici dell'anima, per quello che dobbiamo fare con essa e per quello che ci resta da vivere, arrivati a questo punto. Tuttavia, dovremo accontentarci. I dubbiosi dell'omeopatia vadano per la loro strada o si rassegnino alla misera paga e all'appena più voluminoso stipendio che il soldato semplice riceve come ricompensa per i suoi sforzi. L'esploratore gentilmente coraggioso che si è recato agli avamposti tornerà, si spera, arricchito di ciò che già aveva, la sua vita salvata, ma ora gloriosa. I soldati orgogliosi non coltivano l'amarezza. Non si accontentano di aver vissuto le agonie e i tormenti, ma inneggiano all'avventura che li ha portati fin qui. Devo dire che da questo punto di vista li capisco e, se non voglio essere così audace da paragonarmi a un combattente armato che ha rischiato la pelle sul campo di battaglia, condivido la sensazione di aver fatto il nostro dovere. Il lavoro era stato fatto e questo era ciò che contava più di ogni altra cosa. Non è più il momento di piangersi addosso, ma di ricordare. Quindi, prendete il vostro zaino e camminate dritti come se il sangue della legione vi scorresse improvvisamente nelle vene. "Avevo un compagno" cantano, sia per ricordare la perdita di chi è caduto, ma anche per darsi il coraggio di continuare ad avanzare verso una morte che non sappiamo mai abbastanza essere inevitabile. I loro passi pesanti e cadenzati seguono la scansione delle parole che recitano gravemente, con una voce che sembra provenire dalle viscere della terra che stanno calpestando, la loro coorte fa vibrare il terreno e le ossa febbrili dei corpi sepolti che contiene. La nostra terra si nutre dei cadaveri che si sono sciolti sulla sua superficie per migliaia di anni. Il tesoro è lì, sotto i nostri piedi. I morti sono la nostra assicurazione contro la vita. I loro innumerevoli familiari sono il nostro futuro più sicuro. Inequivocabilmente, ci ritroveremo, fratelli miei. Consapevole o meno, cosa importa?

Da diversi secoli, ormai, diamo un prezzo alla vita che finisce per sminuire il valore del suo contenuto. Dobbiamo sopravvivere a tutto, prima di tutto. Non conta nient'altro. Eppure!

Io stesso, vigliacco tra i vigliacchi, creo timidamente spettacoli nella fervida speranza che qualcosa, qualcosa di ancora più infinito della paura con cui sono stato coccolato, prenda il sopravvento e mi appaia finalmente come una guida capace di condurmi oltre la mediocrità della mia ambizione di essere e rimanere vivo e immobile. Sì, c'è di meglio, ne sono certo, di questa luce insipida, la stella della moltitudine così miseramente luminosa, che guardiamo, con le pupille eternamente avvitate al suo pallido bagliore, pensando che non ci possa essere nulla di più caldo o prezioso. No, la vita non è tutto, e vedo dall'alto di questa vetta rocciosa che devo ancora sorvegliare, che il tappeto volante pazientemente tessuto secondo le deviazioni casuali e oblique della sua tela, il più delle volte dal rigore delle nostre scelte, può portarci altrove. Se, per caso o per qualche buona intuizione, si è intrecciata una manciata di fili d'oro - non tutti possediamo l'arte di creare composizioni molto abili - è possibile che alla fine ci si elevi ad altezze ancora maggiori e forse non si scenda più. La maggior parte della vita, in alcuni casi, può essere ridotta alla costruzione di un trampolino di lancio.

A volte si dice che l'importante non è fallire in vita, ma avere successo nella morte. Forse, ma tra i due mi sembra che ci sia spazio per un ultimo slancio verso un'aspirazione più alta del valore finora attribuito al semplice fatto di essere vivi e di rimanere vivi. Non c'è nulla di mistico nel mio pensiero. Non mi riferisco al religioso, che mi sembra una storia per bambini difficilmente più appassionante della programmazione di certi teatri; non torniamo su questo argomento. No, sto parlando e spero di essere riuscito a esprimerne almeno i contorni, per rendere la sua esistenza più "importante" ai suoi stessi occhi. Capisco che questo possa sembrare il peggior tipo di paradosso, poiché da un lato si vuole porre fine a un'idea inalterabile di essere vivente sopravvalutato, dall'altro si vuole aumentare l'importanza dell'esistenza. L'esistenza avrebbe un senso, staccata dall'idea irriducibile di vivere? Purtroppo, i miei balbettii filosofici su un tema che senza dubbio è stato affrontato e ragionato molte volte da pensatori dall'antichità a oggi non andranno molto oltre. Sono consapevole che così facendo sto semplicemente aprendo una porta attraverso la quale posso evitare di avvicinarmi alla vecchiaia con la sola paura della morte. Sarebbe del tutto inutile.

Ora mi stupisco di come, quando ero più giovane, devo aver considerato la mia vita più preziosa di me stessa!

Che senso può avere? Non è stato così. Così ho vissuto senza appartenere veramente a me stesso. Senza capire che ero di mia proprietà e che ero libero, e dico oggi, rendendomene conto, totalmente libero, di fare ciò che volevo. Libero di essere un assassino, di cercare di diventare presidente del mondo o di passare la mia vita al sole, senza altra ambizione che quella di trascorrere intere giornate all'insegna della spensieratezza. La domanda sarebbe: perché non ho seguito, secondo il mio cuore, l'una o l'altra, o tutte insieme, queste traiettorie che la libertà mi offriva di scegliere nello spazio delle sue vaste braccia aperte?

Due risposte, a mio avviso, a questo, ma così concrete nelle influenze che ne derivano, che si può dire che il libero arbitrio può essere solo una nozione teorica. In primo luogo, il peso delle convinzioni inculcate dall'educazione ricevuta dai miei genitori e dalla quale ci è voluto un po' di tempo per capire che l'universo non si limita ad essa, tutt'altro; in secondo luogo, la semplice e banale paura della morte; la paura di perdere la propria vita portandola fuori strada in zone sconosciute e incomprensibili ai miei sensi o correndo rischi troppo grandi per le mie presunte capacità. Non c'è da stupirsi, visto che molti di noi - a giudicare dalle vite degli altri - non devono aver capito subito che il tempo non era un problema.

Che sia breve o centenaria, una vita ha un vero significato solo se l'abbiamo dotata di un'acuta consapevolezza dell'importanza delle sue componenti, piuttosto che della sua potenziale durata, come un pilota automatico.

Il codice d'onore dei cavalieri medievali, se davvero applicato, può sembrarci obsoleto, ma è comunque un modo sbrigativo per mettere il velo su una concezione della vita che certamente la condanna a una minore longevità, ma che resta tanto più attuale perché solleva questioni di ordine che fa male agli occhi affrontare. Recentemente ho confidato a diverse persone il mio sgomento nel sentire, ormai integrato nell'elenco delle solite e automatiche frasi di cortesia lanciate nei negozi o tra colleghi all'inizio della giornata, il famoso "In bocca al lupo" che dovrebbe sostenere il malcapitato o la malcapitata che si accinge ad affrontare valorosamente la sua giornata in ufficio. Che beffa ulcerosa! Io, che non credo di averne, sono almeno consapevole del valore delle parole, e abusare di questa qualità rara e complessa in questo modo, come se la si portasse sottobraccio la mattina, nello stesso momento in cui si prende la baguette, mi sembra della massima indecenza per i pochi di noi che la dimostrano davvero.

Questi incoerenti che spacciano un'espressione che ha una sfumatura così decisiva, si rendono conto di cosa implica quando, in maniera fragorosa o lamentosa, a seconda dei casi, lanciano la loro formula preconfezionata, senza più badare all'esattezza delle situazioni? La dice lunga sulla perpetua e angosciante incoerenza che deriva dal divario tra parole e fatti.

Sì, la crisi, certo, sì i capitalisti cattivi, certo, ma diamine, almeno un po' di onestà intellettuale se non siamo più in grado di incrociare le spade per i nostri ideali, per quanto sciocchi possano essere. L'età moderna ci ha reso sicuramente più riflessivi rispetto alla macelleria delle guerre, che non abbiamo motivo di rimpiangere, ma sicuramente anche il coraggio dei sentimenti e dei comportamenti ha perso molto nell'acquisizione di un umanesimo più consapevole. Almeno questo è ciò che noi occidentali amiamo dirci, perché siamo forse più pacifici quando il nostro pacifismo nasce dal terrore della morte piuttosto che dal gusto di intensificare la vita? Io, da parte mia, sono vigliaccamente belligerante solo a parole, ma se ho tempo per una breve lotta, aspiro a la mia bandiera non confonde nei suoi simboli quello della pace con quello della passività. Le due aste che si scontrano all'ingresso di una vulva, portate sulla mia bandiera, non rivendicano la guerra dei sessi, né la lotta dei maschi per possedere una femmina, ma piuttosto la personalizzazione di questi genitali, guardati con così poca naturalezza, che, sembrando aprire la bocca come creature araldiche, possiamo immaginare che ci ruggiscano contro:

"Un po' di audacia, un po' di amore, un po' di desiderio e lasciamo risuonare i canti degli impulsi umani, lontani dalle chimeriche finzioni che le nostre teste, piene di ridicoli demoni, ricamano intorno ad essi, facendoli sembrare morbosi, dalla liberazione della morale alla regressione perpetua, quando invece sono solo la dinamica del movimento, il frutto della ricerca per imparare finalmente a vivere l'attimo in modo eroico".

Tre minuti di pura sessualità in onda non erano una cosa qualsiasi,

Mi avresti trattenuto?

Centauri e idre che indossano le collane degli dei,

Bande di ottoni mitiche,

Zombi divini che incrociano le spade con fighette che sputano veleni odiosi,

Una fellatio brillante,

Culi aperti all'infinito, tutti tempestati di ano e cunnilingus,

La nostra carne da consumare barcollando sugli scaffali del mio supermercato,

Tutti allineati, pieni fino all'orlo, con le bucce bianche di yogurt delle mie supernove,

E non del nerd sulfureo, potete credermi!

Posso succhiarti l'uccello per pura amicizia, come una botta e via,

Perché a noi non importa nulla di tutto questo!

Siate puliti e starete bene; basta che non prendiate l'AIDS, tutto qui...

La mia maglia ha filato, la mia cotta si è allargata,

Chi mi ama salta e mi segue e mi salta

E chiunque voglia cercarmi mi troverà!

Sono rimaste alcune scorte,

Sì, ma i saldi finiranno presto!

Al guardaroba delle promozioni! La rabbia dà forma al suo lavoro a maglia.

Vado in erezione come un ragno che non avrà più figli.

E affilo il mio pungiglione, sperando che sia mortale,

Vai a sederti su un divieto di matrimonio,

Se pensi che avrò coraggio per te!

Non me ne frega un cazzo delle tue aspirazioni,

Non me ne frega niente delle vostre aspettative,

Ti sei imposta come non so cosa, ma in fondo vuoi solo che ci si prenda cura di te,

Tu, tu, tu, tu!

Pinocchio di legno; non conosci altro che te stesso!

Come in quei giochi con i controller, sono morto diverse volte, credetemi!

Madre gay!

UN CUL RIT | LA TOISON DORT | LES PARQUES D'ATTRACTION © David Noir

David Noir

David Noir, performer, attore, autore, regista, cantante, artista visivo, video maker, sound designer, insegnante... porta la sua nudità polimorfa e la sua infanzia in costume sotto gli occhi e le orecchie di chiunque voglia vedere e sentire.

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